Niente rapporto a tempo indeterminato se viene violato il principio del 'mutatio libelli': nel rito del lavoro non si possono invocare motivi diversi da quello iniziale a fondamento della controversia
Il collaboratore non può prima chiedere al giudice il riconoscimento della subordinazione e poi, a causa in corso, cambiare strategia e affermare l'inesistenza del progetto sul quale avrebbe dovuto basarsi la collaborazione: per il principio del 'mutatio libelli', il ricorrente non può introdurre nuovi temi nel corso del procedimento, e il giudice compie violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato se conclude per il riconoscimento della subordinazione.La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 9471 del 10 maggio 2016, ha accolto il ricorso avanzato dal datore di lavoro, in quanto i due fatti contestati rispondono a norme diverse (rispettivamente ai commi 1 e 2 dell'articolo 69 del D.Lgs n. 276/2003), che tra l'altro prevedono diverse responsabilità in termini di onere della prova: la sussistenza della subordinazione, infatti, va provata dal lavoratore. Contrario ai principi di forma, dunque, l'operato del lavoratore: l'introduzione di 'nuovi temi d'indagine e di decisione altera l'oggetto sostanziale e i termini della controversia', il che risulta inammissibile nel rito del lavoro.